Hugo Koblet il bello, affascinante come un Apollo

Fu Learco Guerra, al quale era stato segnalato da Vincenzo Torriani, a portarlo in Italia, dopo averlo visto pedalare a Zurigo, dove era nato il 21 marzo 1925. Annunciandone l'ingaggio, la "locomotiva umana" disse: "Ho trovato chi farà piangere Coppi e Bartali". Parlava di Hugo Koblet con un tale entusiasmo, soffermandosi su quello che avrebbe potuto fare come stradista, dopo aver entusiasmato come pistard. Guerra non era solito formulare previsioni ottimistiche e il fatto che indugiasse sulle possibilità dello svizzero, destò sensazione in tutto l'ambiente italiano. Alla domanda che cosa mancasse alla svizzero per mettere in croce i nostri assi fin dai primi scontri rispose: "Una cosa soltanto: la convinzione". E si fregò le mani, come se già pregustasse i successi dell'atleta che gli elvetici chiamavano Hugo il bello. In seguito venne chiamato l'efebico Hugo, l'Apollo d'oro e il Falco Biondo. In sella era stupendo perchè la sua eleganza e il suo stile erano naturali. Aveva sempre con sè un pettine e comunque andassero le cose, prima di arrivare al traguardo si pettinava. E quando non riusciva a farlo perchè impegnato in uno sprint, appena superata la linea, prima ancora di abbandonara la bicicletta, si serviva del pettine con civetteria e le ragazze impazzivano.
Nel '50, quando vinse il Giro d'Italia, si risentì perchè ci fu chi disse, prima ancora che la corsa si concludesse a Roma, che se Coppi non si fosse fratturato il bacino cadendo sui tornanti che portavano a Primolano, la maglia rosa l'avrebbe vista con il binocolo. Un anno più tardi dettò legge al Tour, dopo essere stato protagonista di una delle più grandi imprese della storia della Grande Boucle. Nella tappa Brive-Agen piantò il gruppo degli assi e per 135 chilometri pedalò sul filo dei quaranta orari, incurante di ciò che avveniva alle sue spalle (tutti i big si erano coalizzati allo scopo di acciuffarlo). Vinse con 2'15" di vantaggio. Il primo ad ammettere che si trattò di una fuga fantastica fu Coppi. E proprio Fausto disse in quell'occasione: "Koblet può diventare primatista dell'ora, a patto che si sottoponga a una preparazione specifica". All'elogio del campionissimo, Hugo rispose: "Il primato dell'ora dà molto prestigio, lo so, ma per prepararmi come si deve, dovrei rinunciare a molti lauti ingaggi".
Quando smise di correre aveva 33 anni e decise di andare in Venezuela, dove rimase dal '58 al '61. I maligni dissero che lo aveva fatto per allontanarsi da un certo ambiente ..... Poi il ritorno in Svizzera e l'incidente fatale il 2 novembre 1964.
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